Come mi immagino la guerra civile

In questo spazietto che ho allestito solitamente parlo di lettura e di scrittura, tuttavia il periodo eccezionale non risentirà di un piccolo pensiero che fa eccezione.

Leggo tanti parlare di guerra civile, che se non ne usciamo bene da questa situazione gli italiani scenderanno in strada. Io proprio un’ora fa sono sceso in strada, non mi è parso nulla di rivoluzionario.
Chissà perché queste previsioni bellicose mi fanno pensare a quando lavoravo per un imprenditoruccio come ce ne sono tanti, che durante le riunioni si autoincensava perché “l’azienda paga sempre gli stipendi”.
Non che mi sorprendessi dell’imprenditoruccio, uno dei numerosi peracottari che in Italia prosperano, ma rimanevo disorientato nel constatare l’entusiasmo dei miei colleghi. Ritenevano un bonus ciò che ci era dovuto.

Per questo immagino gli italiani che fanno la guerra civile, che scendono in strada con le mazze, gli scolapasta sulla testa, i forconi, le pantofole, le padelle e le bottiglie vuote, e che arrivati alle prime strisce pedonali si fermano, aspettano che qualche macchina li lasci attraversare. E rimangono lì.